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judo

via della cedevolezza

“Il vero valore di una persona è determinato dal contributo che offre alla comunità nel corso della sua esistenza. E dal momento che tale contributo permette di perfezionare se stessi in vista di quella finalità, lo scopo del judo è il perfezionamento che consente di contribuire al bene della società.” [Jigoro Kano]

“Il Judo ha la natura dell'acqua. L'acqua scorre per raggiungere un livello equilibrato. Non ha forma propria, ma prende quella del recipiente che la contiene. È permanente ed eterna come lo spazio e il tempo. Invisibile allo stato di vapore, ha tuttavia la potenza di spaccare la crosta della terra. Solidificata in un ghiacciaio, ha la durezza della roccia. Rende innumerevoli servigi e la sua utilità non ha limiti. Eccola, turbinante nelle cascate del Niagara, calma nella superficie di un lago, minacciosa in un torrente o dissetante in una fresca sorgente scoperta in un giorno d'estate” [Gunji Koizumi, Shi-han 8° dan]

Pensieri
LE ORIGINI

LE ORIGINI DEL JUDO

Attorno alla metà del 500 un medico di nome Shirobei Akiyama si recò in Cina per approfondire le sue cognizioni sull’agopuntura e sui metodi di rianimazione (kappo), che presupponevano una perfetta conoscenza dei punti vitali del corpo umano. Akiyama, uomo di multiforme ingegno, approfittò del soggiorno nel continente per studiare anche il taoismo e le arti marziali cinesi, senza però ottenere ciò che sperava, contrariato, per cento giorni si ritirò in meditazione nel tempio di Daifazu a pregare il dio Tayunin affinché potesse migliorare. In quel periodo accadde che un giorno, durante un'abbondante nevicata, osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti che erano così rimasti spogli. Lo sguardo gli si posò allora su un albero che era rimasto intatto: era un salice, dai rami flessibili. Ogni volta che la neve minacciava di spezzarli, questi si flettevano lasciandola cadere per poi riprendere la primitiva posizione. Questo fatto impressionò molto il bravo medico, che intuendo l'importanza del principio della non resistenza lo applicò alle tecniche che stava studiando dando così origine ad una delle scuole più antiche di JuJutsu tradizionale, la Scuola Hontai Yoshin Ryu (scuola dello spirito del salice), tuttora esistente e che da 400 anni si tramanda tecniche di combattimento a mani nude e con armi in maniera quasi del tutto invariata.
Tuttavia verso la metà del 1800, a seguito di trattati con le superpotenze dell’epoca e quindi sotto l’infatuazione per la civiltà e i costumi occidentali, il budo subì una rapida decadenza (anche per l’enorme diffusione delle armi da fuoco) e non pochi esperti, rimasti senza allievi, per sopravvivere in una società profondamente mutata dovettero esibirsi a pagamento in squallidi locali o finirono nella malavita. I Maestri non tramandavano più il loro sapere, portandosi nella tomba i segreti della loro scuola (ryu): un grande patrimonio di nobili tradizioni stava per scomparire. Fu in quel triste contesto che Jigoro Kano diventò prima maestro e studioso di ju jitsu e successivamente perfezionando le tecniche apprese, fondatore del Judo.

Kano nacque a Mikage, un villaggio nei pressi di Kobe, il 28 ottobre 1860. Morta la madre, la famiglia si trasferì a Tokyo, proclamata capitale con la “restaurazione Meiji” del 1868.
Conseguì il diploma alla scuola di lingue straniere, imparando alla perfezione l’inglese, e s’iscrisse all’Accademia (poi Università) Kaisei. D’intelligenza vivissima, ma di gracile costituzione, il giovane Kano subiva la prepotenza dei compagni.

Nel 1877 cominciò a praticare con passione il jujitsu, in quel tempo assai screditato, impegnandosi in duri allenamenti (sempre ricoperto di unguenti per medicare le numerose piaghe, era soprannominato “il profumato”). Fu allievo di Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della scuola Tenshin-shin’yo, dai quali apprese in particolare le tecniche di controllo (katame-waza) e di percussione (atemi-waza), venendo in possesso dei libri segreti della scuola (densho) dopo la loro morte. Conobbe quindi Tsunetoshi Iikubo, esperto della scuola Kito, da cui apprese soprattutto le tecniche di proiezione (nage-waza) e di combattimento con l’armatura (yoroi-gumi-uchi). Mentre progrediva con sorprendente facilità, penetrando i segreti dei diversi stili, nel 1881 ottenne la laurea in lettere e cominciò ad insegnare al Gakushuin, la Scuola dei Nobili.
Nel 1882 Kano aprì una palestra (dojo) di appena 12 materassine (tatami) nel tempio shintoista di eisho a Shitaya, radunandovi i primi allievi: nasceva così il Kodokan («luogo per studiare la Via»), dove il giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di jujitsu. Il nuovo stile di lotta, non più soltanto un’arte di combattimento, ma destinato alla divulgazione quale forma educativa del corpo e dello spirito, venne chiamato judo («Via della cedevolezza / flessibilità»): come precisò Kano nel 1922, si fondava sul miglior uso dell’energia («seiryoku-zen’yo«) allo scopo di perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo intero («jita-kyoei«). In sostanza Kano perseguiva una sintesi equilibrata fra virtù civile (bun) e virtù militare (bu).
Il Kodokan, con un occhio alla tradizione e l’altro al futuro, in breve acquistò grande prestigio, anche grazie alle importanti vittorie riportate su diverse scuole di jujitsu.

Cambiò più volte sede nei primi anni, passando da 9 allievi nel 1882 a 98 nel 1886 (tra i più famosi menziono Saigo, Yokoyama e Yamashita), mentre il dojo raggiunse i 40 tatami. Nel 1886, dopo il clamoroso successo sulla scuola del celebre Maestro Hikosuke Totsuka (il Kodokan riportò 13 vittorie e 2 pareggi su 15 incontri), Kano ottenne l’incarico d’insegnare il judo alla polizia di Tokyo.

Eliminati gli aspetti più violenti della disciplina marziale, il judo entrò perfino nei programmi scolastici: fu un risultato senza precedenti, dovuto alle grandissime capacità pedagogiche di Kano.
Una delle sue massime preferite, secondo John Stevens, era: «Niente sotto il cielo è più importante dell’educazione: l’insegnamento di una persona virtuosa può influire su molte altre; ciò che è stato ben assimilato da una generazione può essere trasmesso ad altre cento».
Kano ricevette significativi riconoscimenti. È bene ricordare che fu un personaggio di rilievo non solo nello sport del suo paese: fin dal 1909 rappresentava il Giappone nel CIo e nel 1911 fondò il Comitato olimpico nipponico, di cui fu presidente fino al 1921, quindi presidente onorario, rettore del Collegio dei Pari, direttore della Scuola Normale Superiore, addetto alla Casa Imperiale, segretario del Ministero dell’educazione Nazionale, direttore dell’educazione Primaria, senatore, ecc.
Nel 1895 Kano elaborò il primo go-kyo (i «cinque principi» d’insegnamento del judo), che revisionò nel 1921, mentre completava i kata («modelli» delle tecniche di lotta). Nel 1922, quarant’anni dopo la fondazione del Kodokan, diede vita alla Società Culturale del Kodokan (Kodokan-bunkakai), definendo le già citate massime fondamentali del judo: «seiryoku-zen’yo» e «jita-kyoei».

BUSHIDO

Bushidō

La via del Guerriero

Il praticante di arti marziali giapponesi che vuole studiare e comprendere profondamente la propria disciplina, deve prima di tutto comprendere cosa sia il Bushidō, la via del guerriero.
Non è semplice spiegare il significato Bushidō, lo spirito che animò per sette secoli la vita civile e spirituale del Giappone, pare la sua origine risalga all’epoca dell’insediamento dello Shogunato Kamakura(1192), e non era soltanto una filosofia o una religione ma un modo di vita, l’essenza stessa del Samurai Giapponese; “hana wa sakura, hito wa bushi” “come il fiore del ciliegio è il più bello fra i fiori, così il guerriero è il bello fra gli uomini”; non si può comprendere se non si parte da questo assioma come tale spirito sia stato cosi interiorizzato fino a fondersi con l’identità stessa dell’intera Nazione.
Il vero atto di nascita del Bushidō risale alla seconda metà del 1600, a opera del monaco samurai Yamamoto Tsunetomo, (1659-1719) autore del famoso Hagakure (letteralmente “nascosto tra le foglie) in cui raccolse le regole di condotta dei Bushi, arricchendole con le dottrine del buddismo, del confucianesimo e dello shintoismo.
Il Bushidō tradizionale si basa su 7 principi di base ai quali il Samurai doveva scrupolosamente attenersi e che dovevano condizionare ogni aspetto della propria esistenza:
義, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
勇, Yuu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.
仁, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.
礼, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.
誠, Makoto o 信, Shin: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.
名誉, Meiyo: Onore

Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.
忠義, Chuugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.

LE TECNICHE

GO KYO

TECNICHE IN PIEDI

NAGE WAZA

DE ASHI BARAI

HIZA GURUMA

SASAE TSURI KOMI ASHI

UKI GOSHI

GOSHI

O SOTO GARI

O UCHI GARI

IPPON SEOI NAGE

KO SOTO GARI

KO UCHI GARI

KOSHI GURUMA

TSURI KOMI GOSHI

OKURI ASHI BARAI

TAI OTOSHI

HARAI GOSHI

UCHI MATA

KO SOTO GAKE

TSURI GOSHI

YOKO OTOSHI

HASHI GURUMA

HANE GOSHI

HARAI TSURI KOMI ASHI

TOMOE NAGE

KATA GURUMA

SUMI GAESHI

TANI OTOSHI

HANE MAKI KOMI

SUKUI NAGE

USTURI GOSHI

GURUMA

SOTO MAKI KOMI

UKI OTOSHI

SOTO GURUMA

UKI WAZA

YOKO WAKARE

YOKO GURUMA

USHIRO GOSHI

URA NAGE

SUMI OTOSHI

YOKO GAKE

MOROTE SEOI NAGE

ERI SEOI NAGE

SODE TSURI KOMI GOSHI

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